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Allevamento di Bufale

 

Negli ultimi anni gli allevamenti di bufale, con i prodotti che ne derivano, sono in continua espansione, sia in Campania, in Puglia dove da sempre sono esistite le maggiori concentrazioni, che nel nord dell’Italia, dove le aziende casearie scarseggiano. Con la crisi del mercato della vacca da latte, buona parte delle aziende agricole, hanno cercato nuovi sbocchi sostituendo i vecchi allevamenti con le bufale.
Questi bovini, con una passione per i pantani e gli acquitrini, sono capaci di produrre un latte molto più nutriente di quello della mucca, con un contenuto medio di proteine del 4,66% e un tenore grasso dell’8,08%.
Questo porta ad una maggiore resa alla trasformazione; infatti, dalla lavorazione di 1 quintale di latte di bufala si ottengono oltre 24 Kg di mozzarella, contro i 13 Kg ottenuti dalla stessa quantità di latte vaccino. La resa di latte bufalino risulta, quindi, superiore di quasi due volte rispetto a quella del latte vaccino.
Bisogna considerare, inoltre, che di questi bovini oltre al latte, si commercializza la pelle, grossa, spessa e molto pregiata; le corna, da cui si fabbricano eccellenti e durevoli utensili d’ogni sorta e la carne dei bufali più giovani, che si mangia volentieri e continua ad essere sempre più diffusa su tutte le tavole.

Il bufalo è un genere di ruminante della sottofamiglia dei bovini: le forme tozze, gli arti corti e grossi, il pelame scuro, le corna segnate da rugosità trasversali e ricurve all'indietro, sono le caratteristiche che differenziano il bufalo dal bovino.
Recenti studi affermano che sia arrivato in Europa ed in Italia durante le migrazioni che si ebbero nelle ere preistoriche, trovando facile adattamento in zone temperate e dall’ abbondanza di acque stagnanti.
Come per i bovini viene definito vitello/a dalla nascita allo svezzamento, fino al primo anno,poi, viene detto asseccaticcio; annutolo fino al secondo anno d’età e considerato adulto nel quarto/quinto anno.
Questi bovini vivono sino ai 18 o 20 anni.
La femmina,invece, viene definita giovenca quando è prossima al parto e bufala dal parto in poi.

Il termine Bufala si associa, quasi sempre, alla  mozzarella, a quel formaggio da tavola di pasta filata molle, derivato da  latte intero esclusivamente di bufala.
Dalla trasformazione del latte di bufala si possono ottenere il burro, la ricotta, il siero e le "acque bianche" dette così per il colore lattiginoso assunto dall'acqua di filatura, che talvolta vengono utilizzate per il recupero del grasso presente.
Per ottenere un chilo di mozzarella di bufala servono circa 4 litri e mezzo di latte, e poiché dalla mungitura di una bufala si ottengono mediamente 12 litri di latte al giorno, è facile calcolare che ogni animale dà la possibilità di produrre solo 3 chili di mozzarella.
Il colore della mozzarella è di un bianco perlaceo, porcellanato, è liscia e lucente con una crosta sottilissima.
Sulla superficie delle mozzarelle, se artigianali, si trovano dei rilievi, che stanno ad indicare il punto di distacco manuale dalla massa di pasta.
A livello artigianale la formatura della mozzarella viene effettuata manualmente, da due operatori, di cui uno stacca dei pezzi di pasta filata da una massa globosa di circa 2-3 Kg, sostenuta dall' altro operatore.
Alcune forme particolari, quali ad esempio la tradizionale "treccia", vengono ottenute solamente a mano, intrecciando abilmente un segmento allungato di pasta filata fino ad ottenere la forma finale.
Le caratteristiche di consistenza vengono percepite durante la masticazione, prestando attenzione all'elasticità e alla durezza della pasta, che sarà leggermente elastica nelle prime 8 - 10 ore dopo la produzione e successivamente diventa più fondente.

 

Nonostante un antico rito vuole che sia il bufalaro che, alle prime luci dell’alba, chiami ogni bufala per nome e la conduca alla mungitura, ogni animale viene identificato con una targhetta riportante un numero a 14 cifre, imposto dall'anagrafe dell'Unione Europea, e altre due, che indicano il numero aziendale e il libro genealogico.
Nel corso dei secoli le tecniche di allevamento e di trasformazione si sono molto evolute, oggi gli animali sono tenuti in una forma di allevamento stabulato e al posto delle paludi ci sono dei paddocks con laghetti artificiali e tettoie per proteggerli dalla calura estiva. Molte aziende poi hanno adottato un regime di agricoltura di tipo biologico e nei loro campi producono il mais e il foraggio senza ricorrere a concimi chimici. Le bufale pascolano in regime di semilibertà e gli accurati controlli sanitari mantengono gli allevamenti indenni da malattie, tal modo permette di lavorare il latte crudo, senza sottoporlo a pastorizzazione, così, il sapore della mozzarella si avvicina a quello di una volta, quando gli animali vivevano nella palude e mangiavano la vegetazione spontanea.

Oggi, invece, le aziende moderne sono dotate di sofisticate apparecchiature che lavano e disinfettano la mammella prima di mungere la bufala e se si pensa che la prima volta che una bufala fu munta con una mungitrice automatica, risale al 1954, possiamo intuire quanto questo settore è in espansione.

 

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