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Repubblica di Moldova
.......Alle
sette di quella mattina il calore del sole, asciugava l’umidità
presa durante le due notti di viaggio in pullman e risplendendo sulla
tabella metallica con scritte in cirilico illuminava le uniche due parole
comprensibili “Regina Pacis” quasi ad indicare l’esatta
destinazione.
All’interno, nel silenzio e nella calma di un orario che non era
quello da visita, in un angolo, da solo, seduto su dei gradini, c’
era un ragazzino con la testa rasata poggiata sulla mano, raccolto nei
suoi pensieri, con uno sguardo triste che non poteva essere quello della
sua età, nessun accenno al mio sorriso, solo un’occhiatina
che trasmetteva tutte le sue angosce.
Slavic, orfano da sei anni, ne ha sedici e viene da una famiglia benestante
della Federazione Russa che la caduta del muro, ha portato ad un velocissimo
declino fino alla distruzione.
I primi problemi economici portarono alla confisca della casa e ad un
periodo di ospitalità presso amici; la perdita del lavoro, poi,
li costringerà a vivere in strada, cercando nei tombini il riparo
dal freddo che nessuno poteva più offrirgli.
Una mattina, però, in quell’ inverno in cui la temperatura
tocca i –25°, Slavic svegliandosi, trova il padre congelato;
poco dopo, il freddo gli porterà via anche la madre, che per tutta
la notte l’ aveva tenuto stretto a lei, tentando di riscaldarlo.
Durante la mia permanenza ho cercato il suo sorriso, per me o verso i
suoi compagni ma credo che in quella notte, il freddo del corpo della
mamma aveva ghiacciato il cuore di Slavic.
La fondazione Regina Pacis accoglie piu di 30 bambini, assicurando almeno
un pasto caldo al giorno, che la maggior parte delle famiglie non può
permettersi, i più fortunati, poi, rientrano a casa e circa una
decina di orfani hanno un posto letto, potendo scegliere se fermarsi o
cercare qualche sistemazione “da strada”, perché <<bisogna
farli scegliere e non diventare un internat come quelli dello stato, proprio
per lasciar la libertà che li contraddistingue>> dice Ilie,
responsabile del centro a Chisinau.
Lungo le strade diventa quasi impossibile assistere a scene di povertà
o di degrado, la polizia non transige nemmeno su questo, non accetta nessuna
attività da strada che potrebbe ledere l’immagine della Repubblica,
punendo col carcere il chiedere l’elemosina da parte dei più
bisognosi. Poliziotti in borghese, infatti, cercano i bambini per toglierli
dagli occhi dei turisti e rinchiuderli negli orfanotrofi statali (internat)
fin quando qualche parente o qualcuno in regola anche giuridicamente,
non dimostri di potersene occupare.
Passeggiare lungo il boulevard “Cell A Mare”, il viale considerato
centro della città, le vetrine dei negozi, grandi insegne illuminate,
bellissime donne ben vestite e telefonino ben in vista, non fanno immaginare
che in fondo <<è tutto falso!>>, dicono i cittadini,
<<chi ha un minimo per vivere, riesce a mascherare; apparire e vestirsi
costa poco, chi riesce a guadagnare l’equivalente dei vostri 10/15
€ al mese si sacrifica pur di avere un telefonino>> ma già
dalla prima periferia, infatti, le baracche di 30/40 mq ospitano intere
o più famiglie, senza nessuna condizione igienica, né corrente
elettrica, né luce o gas e chi non vuole arrendersi alla strada
è costretto a pagare anche affitti salati considerando i loro guadagni.
Ira, ad esempio, vive con la madre in due camere
fatiscenti, senza nemmeno un pavimento, tra muri umidi e ammuffiti recuperati
da materiale di fortuna, così oltre ai 100 Lei mensili da pagare
per la frequenza a scuola, sono costrette a recuperarne altri 100 dalla
sola elemosina, per l’affitto di questo tetto.
Come la maggior parte di questi bambini, anche Ira è orfana, ha
perso il padre quand’era ancora bambina, investito in un semaforo
mentre era costretto ad elemosinare, <<questa è la nostra
casa e questo è quello che ci ha riservato il nostro destino, meglio
che far vivere mia figlia in strada>> dice la madre con un’aria
rassegnata ma con un senso di forza e pacatezza.
In un’altra periferia, il primo di una serie di garage rappresenta
la piccola dimora per le piccole Anna, Katherina e la madre che riuscendo
a guadagnare 200 Lei al mese può permettersi la corrente elettrica
e quindi un televisore, un lusso che ci tiene a far vedere funzionante,
<<mi considero fortunata>> dice <<mio marito è
in carcere per furto di generi alimentari, è stato costretto dalla
nostra povertà ma il nostro sistema non ha pietà e punire
vuol dire farsi rispettare….>>, poi scuote la testa e piangendo
abbraccia le sue bambine.
Qualche “ isolato” più in là tra le baracche
ci apre la porta la madre di Ruslan, che si tiene sù con le stampelle,
a causa delle percosse del marito alcolizzato, arrestato proprio per questo.
Con aria triste si siede sul letto al fianco del suo piccolo e solo allora
traspare un sorriso, poi una tenera carezza, come fosse una richiesta
di perdono, come segno di una piccola felicità per averlo riavuto
vicino.
Ruslan di cinque anni che sogna di diventare pugile per poter difendere
la madre, era stato arrestato dai poliziotti in borghese mentre elemosinava
ed era stato rilasciato proprio quella mattina, <<gli ho proibito
di farlo>> dice la madre <<ma la mia condizione m’impedisce
di camminare, non abbiamo nemmeno da mangiare ed abbiamo dei debiti col
negozio di generi alimentari, lui lo capisce e cerca di procurarsi il
minimo… è dura la vita qui >> e la conferma è
la donna stessa di 36 anni che già ricurva, deperita e senza alcuni
denti ne dimostra almeno 15 in più.
Vitalie, 16 anni, come la maggior parte dei bambini di strada, non ha
mai avuto notizie del padre, la madre alcolizzata l’ha sempre picchiato
e mandato via da casa, per liberarsene, perché la miseria porta
anche a queste crudeltà quando sfamare qualcun altro significherebbe
mettere in pericolo la propria sopravvivenza, lui però innamorato
di lei ha continuato ad elemosinare cercando di racimolare il più
possibile per poterle assicurare del cibo, della wodka, per dimostrarle
tutto il suo amore, per cercar di salvarla e per poter esser riaccettato.
Un pomeriggio, però, rientrando con le provviste, la trova in angolo
senza vita e sarà Ilie, il responsabile del centro Regina Pacis,
che trovandolo in ginocchio, a piangere sul corpo della madre decide di
organizzare e finanziare i funerali.
Il ragazzino, verrà poi arrestato, accusato di furto di quanto
necessario per il rito funebre.
Ora è in libertà ma in attesa di giudizio.
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