Via del Pratello, a Bologna, è da sempre considerato il luogo dove gli artisti trovano spazio/i per esprimersi, indipendentemente dalla presenza del pubblico.
La loro promozione può essere un semplice foglio A4 tenuto con del nastro adesivo sulla porta d’ingresso del locale ma è soprattutto la musica e la voce che esplode in strada a richiamare l’attenzione e a rappresentare l’unica pubblicità.
Al civico 48A, Dante Casagrande, un freak 56enne, vive in una ventina di metri quadri, uso dormitorio, senza nessun servizio, col solo sacco a pelo, un tavolo, qualche sedia ed un frigo senza la corrente elettrica.
Il Venerdì, come negli scantinati Newyorkesi, questo spazio, definito atelier Casagrande, viene offerto agli artisti ed ai pochi intimi che possono godersi lo spettacolo, solo posti in piedi, sia all’interno, che fuori, sotto il portico.
Illuminati da sole candele e lumini, Vito Equatore e Riccardo Paccosi attori, Stefano Scippa e Raffaele Amenta jazzisti, improvvisano per pura passione un tappeto per attori che senza il bisogno di costumi interpretano i propri testi di un teatro d’avangurdia che esprime le considerazioni più aspre e i pensieri più profondi di ogni uomo che il mondo moralista ha insegnato a tenere ben soffocati.
Fuori l’euforia e la spensieratezza di un ambiente prettamente universitario, dentro la saggezza e la riflessione di chi ha trascorso quegli anni da tempo ed ha scelto la libertà su ogni cosa.

Ogni Venerdì potrebbe essere l’ultimo.

“L’ultimo show sulla terra” prende il nome dall’improbabilità di ritrovarsi la settimana successiva, considerando i tentativi di suicidio di Casagrande che potrebbe venire a mancare in qualunque momento.

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